Il Professor Dindiot
eccovi due perle del professor Dindiot:
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Per quando ho da dire qualcosa anch'io.
eccovi due perle del professor Dindiot:
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- Scusi, va a Milano questo treno? – mi chiede.
- No, signora, va a Venezia! – le rispondo io, cortesemente.
La sua faccia comincia a quel punto comincia a cambiare.
- Ma non ferma a Milano!? – mi chiede ora visibilmente preoccupata.
- No, signora, Milano è dall’altra parte!- le dico, e intanto mi ero un’attimo seccato.
Ma lei non demorde e mi chiede:
- Ma non ferma a Lambrate!?
- NO! – le rispondo seccamente a quel punto, e salgo diretto sul treno.
Capisco l’ignoranza che regna sovrana al giorno d’oggi, ma non sapere neanche che Verona è a metà strada, o geograficamente, si trova tra Venezia e Milano, mi sembra eccessivo!
A questo punto mi chiedo come abbia fatto ad arrivare fino a Verona! Si sarà persa!
Comunque sia, mi dirigo verso i posti assegnatici e racconto l’accaduto alle ragazze.
Ci siamo fatti proprio quattro belle risate!
Piccola parentesi in treno: noi tre ci eravamo sparsi negli otto posti vicini, dato che la carrozza era semivuota così eravamo anche più comodi.
No che a Vicenza salgono due coppie di anziani giapponesi con una guida (peraltro molto scazzata!) diretti anche loro verso Venezia, a cui erano stati assegnati proprio i cinque posti rimanenti.
Dopo i primi attimi di smarrimento riguardo ai posti suddetti, spieghiamo che erano esatti, ma che, appunto, ci eravamo messi "un po’ comodi". Alla fine le due coppie si siedono insieme e noi tre con la guida.
Ma le sorprese non erano finite: giunti quasi alla stazione compare di fianco a noi l’Orient Express, che con le sue carrozze blu ed ornate con scritte e fregi dorati ci salutava e ci dava il benvenuto a Venezia.
Una volta scesi ci incontriamo con la cugina di una delle due mie amiche ed iniziamo il nostro giro per le vie e i quartieri meno conosciuti, ma per questo non meno belli, della città lagunare.
Che dire, una città che vive con e per l’acqua, e che le previsioni più attendibili danno per sommersa nel giro dei prossimi decenni.
Spero proprio che si sbaglino.
Intanto stanno costruendo il MOSE, una struttura che dovrebbe salvare la città almeno dall’alta marea, ma su di esso si concentrano molte polemiche.
Questo è uno dei pochissimi (credo ne siano rimasti solo tre) squèri, che con il loro piccolo cantiere costruiscono ancora le gondole, le tipiche imbarcazioni veneziane.
Esse sono costruite con una tecnica tale che un buon gondoliere quasi non fa sforzo, dato che la barca va avanti da sola.
Questa è la banchina sul canale della Giudecca.
Le zone come questa, cioè i marciapiedi con le case da un lato e il mare dall’altro, vengono chiamate "fondamenta".
Sinceramente l’origine di tale nome mi rimane sconosciuta…
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Carinissima questa sobria casetta racchiusa da due stupendi palazzi. I balconi sembrano composti con del pizzo!
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E che dire di questa casa completamente avvolta dall’edera!
Bellissima, indubbiamente, ma non oso immaginare alla quantità di insetti che ospiterà!
Preferisco di gran lunga questa. Decisamente meno impegnativa!
Nota: le due case sono molto vicine tra loro, lo si può dedurre dalla foto precedente.
Che siano in gara tra loro? Mah!
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Camminando per Venezia può capitare di passare per alcune calli strettissime!
E questa non era la più stretta!
Da claustrofobia!
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Uno stupendo pastore maremmano perfettamente adattato alla vita lagunare.
Sono molti i cani, soprattutto randagi, e gatti, che vivono a Venezia.
Questi ultimi fanno vita solitaria come al solito, mentre i cani (con padrone) si adattano molto bene al fatto di andare in giro con la barca.
Se non fosse per l’acqua al posto della strada si potrebbe quasi dire di essere di fronte ad una via di Napoli.
Tipico esempio della capacità di adattamento umano.
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Vedere un matrimonio a Venezia penso che sia una delle cose più romantiche che ci siano!
[ATTENZIONE: ho detto VEDERE un matrimonio, non SPOSARSI!]
Peccato che le mie compagne di camminata non abbiano avuto delle gran parole di elogio per la sposa, soprattutto per la sua pettinatura… sarà stata un po’ di invidia?
E questa è la foto della zona del ponte della Tetta, una zona in cui nei secoli scorsi le donne di un certo mestiere esponevano la loro mercanzia al palese scopo di attrarre clienti alla ricerca di compagnia.
Come ogni viaggio anche questo è giunto alla fine, e dopo i saluti con la "cugina" siamo saliti sul treno che ci ha riportati a Verona.
Ma sul ponte che collega Venezia alla terraferma il sole ha voluto salutarci come sempre a modo suo.
Peccato solo che all’orizzonte ci fosse Marghera, che intanto ci salutava anch’essa a modo suo.
Ghi sbocio!
Ritorno ad aggiornare un po’…
Rabbrividisco dinnanzi alla frivolezza di questo post… brrrrrrr!
Non mi ricordo come ho fatto ad arrivare qui. La luce è forte ed illumina oggetti che non riconosco, che potrebbero essere qualsiasi cosa, il luogo stesso potrebbe essere qualsiasi, tanto la mia testa è intontita. Pian piano la vista mi si offusca di nuovo e ricado nel sonno più profondo, con migliaia di pensieri che mi turbinano in testa ma che non capisco, perlopiù sensazioni indefinite, luci e rumori strani che a poco a poco si spengono finché perdo coscienza di nuovo.
Mi risveglio dopo non so quanto tempo, potrebbero essere passate ore, giorni. Ma la mia testa va meglio. Ora capisco di essere sdraiato su di un letto. Osservo la figura accanto a me, sembra un’infermiera. Il cappellino che ha in testa, di stoffa verde ripiegata che sembra quasi carta, mi è familiare. La guardo meglio: è proprio un’infermiera, e sta trafficando attorno al mio braccio. Lei mi guarda, sorride e mi dice: – Buongiorno! –
Provo a risponderle, ma la bocca si muove senza che ne esca alcun suono. A quel punto mi accorgo che c’è veramente qualcosa di strano. Sento qualcosa in gola, come se avessi ingoiato un collo di bottiglia e mi si fosse incastrato a metà strada.
- Non cercare di parlare -, mi dice, mentre ha finito di trafficare col mio braccio, – non puoi farlo. -
Dice di chiamarsi Linda e di essere una delle infermiere che si occuperanno di me nei prossimi tempi.
Mio Dio! E’ proprio un’infermiera! Allora vuol dire che sono in un ospedale! Dio Santo! Che ci faccio in un ospedale? Come ho fatto ad arrivare fin qui? Perché? Provo a pensare, ma la mia testa comincia a farmi un male cane. Chiudo gli occhi… niente. Solo confusione e sensazioni che non capisco, come se non fossero mie, ma qualcosa di estraneo alla mia mente.
Penso allora all’infermiera, lei almeno ha qualcosa di familiare… Come ha detto che si chiama?
Linda? Sì, proprio Linda…, ma… CAZZO!!! La mia ragazza si chiama Linda!
Vorrei gridare, ma so che non posso, allora sgrano gli occhi in preda alla disperazione.
Perché non sei qui? Dove sei?
Mi guardo intorno e con uno sforzo terribile giro la testa di lato, ma non vedo nessun altro, solo un altro letto vuoto, una sedia ed un tavolino minuscolo.
A quel punto entra un medico e l’infermiera di prima e mi vengono accanto.
Con un altro incredibile sforzo giro la testa verso di loro.
Mentre si avvicina cerco di studiare la sua espressione.
Ha un viso cordiale, ma qualcosa non mi convince.
E attacca a parlare:
- Salve, ragazzo. Ti do del tu perché potresti essere benissimo mio figlio. Vengo subito al dunque: stanotte sei stato vittima di un incidente stradale e la tua situazione presenta una certa gravità, anche se è in netto miglioramento. La tua ragazza però non si è fatta quasi nulla; aveva le cinture allacciate e l’airbag le ha protetto la testa, mentre tu invece non le avevi e l’airbag non si è gonfiato del tutto. Nell’impatto hai urtato violentemente il volante con la gola e hai sfondato il parabrezza con la testa. La schiena inoltre ha subito un forte trauma e hai entrambe le gambe spezzate. Abbiamo dovuto effettuare una tracheotomia perché, nonostante fossimo stati avvertiti in tempo dalla tua ragazza, stavi rischiando di soffocare. Per quanto riguarda la schiena, le lesioni non sono molto gravi, ma per un po’ di tempo non riuscirai a camminare. Potrai recuperare solo col tempo, seguendo scrupolosamente un adeguato programma di fisioterapia e di rieducazione, ed alla fine tornerai come prima.
Mentre il medico snocciola la diagnosi, penso a Linda che per fortuna non si è fatta male e comincio pian piano a ricordare che cosa è successo ieri sera.
Avevo bevuto un po’, ma mi sentivo nel pieno delle mie facoltà, o almeno così credevo. Io e Linda, con i nostri amici, eravamo andati a ballare in una discoteca sul Lago di Garda. Ricordo che siamo usciti e stavamo tornando a casa sull’autostrada. Stavamo ridendo e ascoltavamo la musica ad un livello sostenuto.
Non mi ero accorto di non avere allacciato le cinture, è un’abitudine che non ho.
Poi all’improvviso ricordo una gran confusione, il dolore alla gola, alla testa e alle gambe, quindi più nulla. Almeno fino a quando mi sono svegliato su questo letto.
La gola comincia a bruciarmi, ma quello che mi brucia di più è di non aver allacciato le cinture ieri sera. Ho posto sempre troppa fiducia nell’airbag, convinto anche che queste cose dovessero succedere solo agli altri. Ora sono convinto che non è così. E’ capitato a me ed ora non posso più farci niente. Posso solo sperare di recuperare il prima possibile. So che non sarà facile, ma ora non voglio pensarci.
Il medico e l’infermiera mi fanno i migliori auguri di guarigione e se ne vanno fuori.
Ora sono solo.
Chiudo gli occhi e penso a Linda e mi chiedo fra quanto la potrò rivedere.
Ad un tratto sento una mano che tocca la mia.
Riapro gli occhi ed è proprio lei, più bella che mai, con un piccolo cerotto sulla tempia.
Vorrei dirle che mi dispiace, che la amo tanto e che dovremo essere d’ora in poi ancora più uniti, ma lei mi fa segno di non parlare e si china su di me dandomi un bacio sulla bocca.
Storia di una formica
Tutti i giorni, molto presto, arrivava in ufficio la Formica produttiva e felice.
Là trascorreva i suoi giorni, lavorando e canticchiando una vecchia canzone d’amore.
Era produttiva e felice ma, ahimè, non era supervisionata.
Il Calabrone, gestore generale, considerò la cosa impossibile e creò il posto di supervisore, per il quale assunsero uno Scarafaggio con molta esperienza.
La prima preoccupazione dello Scarafaggio fu standardizzare l’ora di entrata e di uscita e preparò pure dei bellissimi report.
Ben presto fu necessaria una segretaria per aiutare a preparare i report, e quindi assunsero una Ragnetta, che organizzò gli archivi e si occupò del telefono.
E intanto la formica produttiva e felice lavorava e lavorava.
Il Calabrone, gestore generale, era incantato dai report dello Scarafaggio supervisore, e così finì col chiedere anche quadri comparativi e grafici, indicatori di gestione ed analisi delle tendenze.
Fu quindi necessario assumere una Mosca aiutante del supervisore e fu necessario un nuovo computer con stampante a colori.
Ben presto la Formica produttiva e felice smise di canticchiare le sue melodie e cominciò a lamentarsi di tutto il movimento di carte che c’era da fare.
Il Calabrone, gestore generale, pertanto, concluse che era il momento di adottare delle misure: crearono la posizione di gestore dell’area dove lavorava la Formica produttiva e felice.
L’incarico fu dato ad una Cicala, che mise la moquette nel suo ufficio e fece comprare una poltrona speciale. Il nuovo gestore di area disponeva di un terminale, ma di lì a poco ebbe bisogno di un nuovo computer e quando si ha più di un computer è necessaria una Intranet.
Il nuovo gestore ben presto ebbe bisogno di un assistente (Remora, già suo aiutante nell’impresa precedente), che l’aiutasse a preparare il piano strategico e il budget per l’area dove lavorava la Formica produttiva e felice.
La Formica non canticchiava più ed ogni giorno si faceva più irascibile. "Dovremo commissionare uno studio sull’ambiente lavorativo, un giorno di questi", disse la Cicala.
Ma un giorno il gestore generale, al rivedere le cifre, si rese conto che l’unità, nella quale lavorava la Formica produttiva e felice, non rendeva più tanto.
E così contattò il Gufo, prestigioso consulente, perché facesse una diagnosi della situazione.
Il Gufo rimase tre mesi negli uffici ed emise un cervellotico report di vari volumi e di vari milioni di euro, che concludeva: "C’è troppa gente in questo ufficio." E così il gestore generale seguì il consiglio del consulente e licenziò la Formica incazzata, che prima era produttiva e felice.
Morale:
Non ti venga mai in mente di essere una Formica produttiva e felice. E’ preferibile essere inutile e incompetente. Gli incompetenti non hanno bisogno di supervisori, tutti lo sanno.
Se nonostante tutto sei produttivo, non dimostrare mai che sei felice. Non te lo perdoneranno.
Inventati ogni tanto qualche disgrazia, cosa che genera compassione.
Però, se nonostante tutto ti impegni ad essere una Formica produttiva e felice, mettiti in proprio, almeno non vivranno sulle tue spalle calabroni, scarafaggi, ragnetti, mosche, cicale, remore e gufi.
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tu che hai reso grande te stesso
e che hai reso grande l’italia
e mi rendi fiero di essere italiano
tu che hai lottato fino alla fine
goditi l’ultimo tuo spettacolo
da lassù
ma stavolta
da spettatore
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Addio Luciano!
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non ci sono parole
solo una gran tristezza
uno dei personaggi più genuini della televisione
che se ne va
in silenzio
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Ciao Gigi!